Prima, durante e dopo le elezioni politiche, quando molti di noi avevano sollevato preoccupati la questione, la destra ha detto e ripetuto più volte che non avrebbe assolutamente toccato la 194.
Ma effettivamente non avevano però detto che non avrebbero provato in tutti i modi – tra pressioni, interviste, dichiarazioni ed emendamenti – a mettere in discussione un diritto sacrosanto per accaparrarsi una manciata di voti antiabortisti, che non avrebbero messo in atto ogni tentativo per attaccare il diritto delle donne all’autodeterminazione e a ricevere, in un momento delicato e spesso doloroso, informazioni oggettive scevre da ideologie.
Perché ricordiamo che la 194 rappresenta un diritto esigibile per le donne; il loro diritto alla salute e alla vita dopo i tempi bui dell’aborto illegale e clandestino e di pratiche disumane che hanno provocato danni irreversibili – quando non la morte – a tante e di tante.
Un diritto così importante che in altri posti, come in Francia, non solo non è in discussione ma entra in Costituzione, oppure pensiamo all’opera del Parlamento Europeo, che approva una mozione perché entri nella carta dei diritti fondamentali.
In Italia no, in Italia si compie un passo indietro di 50 anni per mettere in discussione l’autonomia e l’autodeterminazione delle donne, fingendo di avere l’obiettivo di incoraggiare o favorire la maternità.
Ma questo tutto fa tranne che quello e, anzi, svilisce il ruolo delle donne e comporta il serio rischio di incentivare, ancora dopo secoli, pratiche illegali e/o pericolose. Perché se avessero avuto a cuore la scelta di maternità, al posto di portare avanti una battaglia contro un diritto non avrebbero, ad esempio, tagliato sugli asili nido e scuole dell’infanzia e avrebbero investito in servizi, infrastrutture sociali, salario adeguato, tutele sul lavoro, congedo parentale con lo stesso numero di mesi obbligatori di congedo per entrambi i genitori.
Cosa c’entra il PNRR?
Quando alle modalità con cui avviene questo tentativo di limitare il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, poi, questa si traduce nell’approvazione, da parte del Senato, dell’emendamento al decreto sul PNRR, che consente l’ingresso delle associazioni antiabortiste nei consultori, nonostante la Commissione europea abbia rilevato la totale estraneità dell’emendamento al Piano di ripresa e resilienza italiano.
Dal 1978 tanta strada è stata fatta nelle regioni italiane con la creazione dei Consultori familiari e i servizi di prevenzione previsti dalla legge, che, grazie al loro impegno sul fronte dell’informazione e della consapevolezza su una scelta tanto importante per le donne, hanno assicurato anche una costante diminuzione del ricorso alle pratiche abortive.
Quello che si fa oggi coinvolgendo queste associazioni, note per le posizioni antiaborto, è invece un grosso passo indietro che non si può in alcun modo tollerare, aggravato anche dal fatto che ciò avviene con la procedura parlamentare di un emendamento al testo normativo, sottratto quindi a qualsiasi confronto istituzionale e democratico, così da forzare il sistema regolatorio dei servizi sociosanitari riguardanti le scelte procreative e il diritto di aborto.
Per quanto ne possa dire qualche esponente del governo Meloni, infatti, quella tra proseguire e interrompere una gravidanza è una scelta personale e delicata che spetta alla donna; donna che ha il diritto a essere informata e accompagnata nel percorso, senza condizionamenti morali, manipolazioni o giudizi.
E noi possiamo stare a guardare questo tentativo del governo nazionale di mettere in discussione il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza ma, anzi, dobbiamo continuare a investire nei Consultori famigliari, tutelando i diritti delle donne in un contesto di libertà, informazione, autonomia e laicità. E lo dobbiamo fare proprio sincerandoci che all’interno dei nostri consultori e delle strutture pubbliche non avvengano sulle donne pressioni da parte di associazioni e/o volontari, come d’altronde è sempre stato in Valle d’Aosta.
Cosa abbiamo approvato in Consiglio
Proprio sulla base di questo, durante la seduta del Consiglio regionale del 23 maggio 2024, abbiamo approvato la risoluzione che ribadisce la volontà di garantire il diritto delle donne all’interruzione volontaria di gravidanza e che impegna il governo regionale “a mantenere l’attuale assetto organizzativo dei servizi dei consultori, che non prevede il coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità.”
Una scelta chiara per la salvaguardia della legge 194, della tutela della maternità e della libertà di scelta delle donne, senza interferenze alcune.